Mi sposo, divento mamma… e il lavoro?

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Molte coppie si chiedono se sia giusto mollare del tutto il lavoro e dedicarsi all'educazione dei figli ed occuparsi delle faccende di casa, lasciando uno solo dei partner a supportare la famiglia. Ma se per molti la risposta un tempo era chiara, tanto che molte nonne o mamme sono state meravigliose casalinghe fino ad oggi, sono altrettante le donne che mai si accontenterebbero di essere semplici mamme, moglie e casalinghe.


Si può lavorare e realizzarsi nel lavoro e, nello stesso tempo, mantenere il proprio ruolo di mogli e madri attente?

Si, si può, sono molte le mamme che in questo riescono con intelligenza e buon senso.

Per molte donne il lavoro è una tale incognita che, a volte, è persino difficile pensare di metter su una famiglia; mentre, in altri casi, si può esser talmente tanto assorbiti dalla carriera, che viene condannata la vita di coppia per ragioni di tempo.

L'Istat ci dice che sono single il 19,5% delle donne laureate che lavorano e che, fino ai 30 anni, moltissime donne non si sposano nemmeno.
I dati interessanti emergono soprattutto in relazione al carico di lavoro di mogli e mariti spartito tra le parti in una settimana: le mogli hanno 64 ore e di queste, solo 26 sono in casa. I mariti hanno 41 ore, di cui solo 9 sono in casa.

Le persone appartenenti alla generazione precedente stanno risentendo in pieno della crisi, faticando a conciliare vita privata e figli, soprattutto per i genitori single, per i quali risultano le ore di ufficio e ulteriori 36 ore settimanali tra figli, gestione domestica e burocrazia quotidiana (contro le 14 ore dei coniugi che si spartiscono queste incombenze).

Un occhio al resto del mondo e vediamo che i risultati sono similari: in Germania le donne senza compagno sono le prime a realizzarsi nel lavoro con il 19% rispetto al 13% delle donne sposate. Nel Regno Unito il 23% delle donne sono trentenni ancora senza figli. In Giappone sono il 49% le ragazze single tra i 20 e i 35.

Il mondo va verso un'attenzione dedicata alla realizzazione professionale, anche e soprattutto delle donne. Spesso, sono figlie di divorziati e hanno compreso che sul matrimonio non possono fare l'affidamento di un tempo. Peccato, perché si potrebbe invece tornare a credere nei valori matrimoniali con un impegno differente suddiviso tra carriera e vita privata.

Ma allo stato attuale c'è ancora molto da fare, soprattutto in Italia, in cui resta più alto il tasso di occupazione delle persone senza figli rispetto a chi è genitore.

Una società senza figli è destinata a morire. C'è ancora da lavorare per garantire una vita giusta ed equa per chi desidera dedicarsi ai figli senza doversi sottrarre al piacere della realizzazione lavorativa.

Maria Luisa Lafiandra
Psicologa