Diritti e Doveri nel Matrimonio (2° parte)

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Continuiamo ad approfondire, in questo articolo, gli impegni e i doveri che gli sposi si assumono legandosi in matrimonio, cercando di capire, insieme, quando prescritto dall'art. 142 del cod. civ.


Per chi non avesse letto la prima parte e foss einteressato, ecco il link del precedente articolo "Diritti e Doveri nel Matrimonio - 2° parte. Proseguiamo ora, indicando, in sintesi, gli IMPEGNI che gli sposi si assumono nel momento in cui si dicono reciprocamente "sì".

> Fedeltà
Per essa dovendosi intendere non solo l’astensione da rapporti sessuali o sentimentali con persone diverse dal coniuge, ma come vera e propria dedizione fisica e spirituale.
Nel matrimonio vige l'obbligo della fedeltà. La relazione extraconiugale, che incide in maniera rilevante nel rapporto di fiducia e stima reciproca tra gli sposi, è considerata violazione a tale obbligo. L'adulterio non è più un reato punibile con il carcere dal 1968, quando le donne fedifraghe venivano condannate e gli uomini puniti con la reclusione per concubinaggio. Oggi, è solo un motivo per la richiesta di separazione e suo addebito, regolato dal Codice Civile.

> Vivere sotto lo stesso tetto
I coniugi devono scegliere insieme l'abitazione dove andranno a vivere.
L'allontanamento dal tetto coniugale senza "giusta causa" fa decadere il dovere di coabitazione che è collegato anche agli obblighi di assistenza e collaborazione familiare. Chi viola questo principio, infatti, non è incriminato solo se una volta che si allontana di casa in modo definitivo omette di dare assistenza morale, materiale ed economica dovuta al coniuge o ai figli minori. In questo caso è prevista una multa o anche la reclusione.

> Coabitazione
Per ciò intendendosi l’impegno dei coniugi di fissare un luogo ove sia incentrata la vita familiare; è rilevante sottolineare come, nel tempo, e in conseguenza del mutamento della abitudini familiari, il vincolo sia stato attenuato, mediante la tolleranza di situazioni in cui vi siano anche dimore abituali diverse; il vincolo, però, impone che non si possano ipotizzare situazioni nei quali un coniuge riservi a sé dei luoghi, escludendo l’altro; per contro, è pacifico che è sufficiente anche il divieto di un solo coniuge all’ingresso dell’altro coniuge nella casa coniugale per escludere tale possibilità.

> Condivisione dei bisogni familiari
Entrambi gli sposi sono tenuti a contribuire alle necessità del nucleo familiare, in base alle sostanze e alla capacità di lavoro, anche domestico, di ciascuno. Chi non tiene fede a questa promessa può rischiare anche la reclusione. Infatti, quando ci si separa o si divorzia, questo dovere non decade, ma va rispettato nei confronti di moglie e figli a carico. Ogni caso specifico è sottoposto all'autorità del giudice.

> Assistenza morale e materiale e collaborazione nell’interesse della famiglia
Per ciò intendendosi il dovere di agire congiuntamente per il mantenimento dell’unità del nucleo familiare e per l’individuazione concorde dei bisogni della stessa, da perseguire per la soddisfazione solidale dei coniugi.

> Scelte di vita
Marito e moglie devono scegliere di comune accordo i principi di vita e i valori sui quali sviluppare la propria famiglia, pur conservando la propria autonomia, per quanto riguarda le scelte di vita individuale. Se uno dei due sposi non concorda su una decisione importante, ci si può rivolgere al giudice tutelare che aiuterà a trovare un compromesso o a scegliere la decisione più adeguata per il bene della famiglia.

La logica conseguenza di tali impegni è che, come previsto dall’art. 144 del Codice Civile, i coniugi debbano concordare tra loro il cosiddetto indirizzo della vita familiare, ovvero, le scelte in merito alla ripartizione dei compiti in famiglia, il tenore economico della vita comune e, sostanzialmente, ogni vicenda che si debba affrontare in costanza di matrimonio (a titolo esemplificativo, il lavoro esterno dell’uno o dell’altro, che importi sacrifici intollerabili per gli interessi della famiglia).
L’indirizzo familiare così determinato viene attuato (art. 144 comma II) da ciascuno dei coniugi i quali, singolarmente, mantengono un margine di discrezionalità, nell’ambito delle soluzioni attuative di esso.

Qualora insorga disaccordo tra i coniugi, è possibile rivolgersi al Giudice (art. 145 del Codice Civile). È essenziale notare, quanto a ciò, come l’intervento sia volto al tentativo di conciliazione tra le parti, mentre l’intervento “imperativo” del Giudice, con decisione vincolante, è possibile solo per alcuni argomenti (residenza o altri affari essenziali).

Il dovere di assistenza morale a materiale sussiste, però, a condizione che vi sia la coabitazione, venendo meno quando uno dei coniugi si allontani dalla residenza familiare senza giusta causa e rifiutandosi di tornare (art. 146 del Codice Civile). Entrambi i requisiti devono sussistere: quindi chi si allontana non deve avere un motivo legittimo (ricollegato a fatti che rendano intollerabile la convivenza) e deve rifiutarsi di rientrare, nonostante la richiesta dell’altro (che, diversamente, in assenza di sollecito in proposito, crea una separazione di fatto, tollerata dal coniuge che rimane nell’abitazione).

L’impegno dei coniugi si estende, inoltre, all’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole, tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli (art. 147 del Codice Civile). Di tale disposizione, essenziale e centrale nel rapporto genitori-figli, ci si occuperà nell’articolo relativo al più ampio corredo di diritti-doveri tra detti soggetti, conseguenza del rapporto di filiazione.

Esaminando, quindi, i suelencati articoli del codice civile è agevole verificare preliminarmente la sussistenza del Principio di eguaglianza nella famiglia: i coniugi sono in posizione di perfetta eguaglianza. Di conseguenza le decisioni sulla vita familiare sono prese in accordo tra loro ( art. 144 c.c.) e solo in caso di disaccordo l'articolo 145 del codice civile permette l'intervento del giudice per risolvere le controversie, intervento richiesto da uno dei coniugi senza particolari formalità.

L’art. 143 del Codice Civile stabilisce, con valore programmatico rilevantissimo, la parità di diritti e doveri dei coniugi.
La disposizione è il frutto della importante “riforma del diritto di famiglia”, approvata con l. 151/1975, che ha fatto cessare la disparità di trattamento tra marito e moglie (in favore del primo) sussistente nel nostro ordinamento e supportato della cultura patriarcale propria del nostro Paese. Sino a quella data, infatti, sussisteva una preminenza del ruolo dell’uomo all’interno della famiglia, avente ripercussioni su molteplici aspetti, da quelli patrimoniali alle decisioni sull’educazione per i figli.

La riforma, invece, in piena sintonia con i principi della Costituzione (per altro di quasi trent’anni precedente) faceva cessare la richiamata disparità, non limitandosi al semplice dettato sulla parificazione, ma precisando, in primo luogo, che ciascun coniuge è tenuto a contribuire ai bisogni della famiglia, secondo le proprie sostanze (proprietà) e secondo la propria capacità di lavoro professionale e casalingo (art. 142 comma III). Questo secondo riferimento, anche all’attività casalinga, ha rappresentato, per l’epoca, un’importante evoluzione del ruolo femminile (impegnato in via quasi esclusiva nelle attività domestiche), ponendo nel giusto rilievo l’essenziale ruolo, nella gestione della famiglia e nel concorso al benessere del nucleo, dell’attività, non portatrice di lucro, che in specie la donna garantiva.

Poi i diversi DOVERI che susseguono al matrimonio e, partitamente:

> Obbligo di Fedeltà
Caratterizza il matrimonio quale relazione personale tra gli sposi a carattere esclusivo ed era preso in considerazione (prima delle pronunce di incostituzionalità) anche dal diritto penale che puniva l’adulterio e ilconcubinato.

La fedeltà costituisce un vero e proprio obbligo giuridico (anche se non vi è più alcuna sanzione): può costituire il presupposto per imputare ad uno dei coniugi la responsabilità della separazione.

Costituisce violazione all’obbligo di fedeltà non solo trattenere rapporti sessuali con persone diverse dal coniuge, ma anche stabilire rapporti con terzi che, per la loro intensità, siano incompatibili con la posizione prioritaria che dovrebbe avere il coniuge. Da ricordare è il fatto che da tempo è scomparsa la differenza tra l’infedeltà della moglie e quella del marito.

Nell’Obbligo reciproco di fedeltà, la fedeltà va intesa non solo come astensione dei rapporti sessuali con persone diverse dal coniuge, ma anche come dedizione spirituale che deve essere riservata principalmente al coniuge. In altre parole, sarà violato l'obbligo di fedeltà anche nel caso in cui si preferisca avere rapporti personali privilegiati con persone diverse dal coniuge

> Obbligo di assistenza
Si inquadra tra gli obblighi reciproci dei coniugi e ricomprende sia quello dell’assistenza morale che materiale.
L’obbligo di assistenza morale non ha una precisa determinazione giuridica.

L’obbligo materiale rappresenta il dovere di provvedere al mantenimento, ossia, a tutti i bisogni di vita dell’altro coniuge che non sia in grado di provvedervi da sé.
Tale dovere è sospeso nei confronti del coniuge che, allontanatosi senza motivo dalla residenza familiare, rifiuti di tornare.
Anche la violazione di questo obbligo può essere causa di addebito della separazione.

Obbligo di assistenza morale  materiale e di collaborazione: nel rispetto di questi obblighi si coglie forse uno degli aspetti essenziali del matrimonio; la coppia, infatti, non decide solo di vivere insieme per soddisfare esigenze personali, ma anche per venire l'uno incontro alle necessità dell'altro e per decidere di indirizzare in maniera unitaria il cammino della loro vita.
L'obbligo di assistenza, infatti, deve essere osservato ogni qual volta uno dei coniugi si trovi in difficoltà, quest’ultima sia di natura morale sia di natura materiale.

Non sfugge che tale obbligo ha contenuto sicuramente più ampio rispetto a quello che incombe sul coniuge nel prestare gli alimenti (art. 443 c.c.). Il diritto all'assistenza morale e materiale cessa con allontanamento senza giusta causa dalla residenza familiare (art. 146 c.c.).
Per giusta causa si può intendere esistenza di fatti tali da rendere intollerabile la convivenza in presenza dei quali il diritto all'assistenza morale e materiale viene meno. L'articolo 146, inoltre, considera giusta causa di allontanamento la proposizione della domanda si separazione, annullamento del matrimonio o di divorzio

> Obbligo di collaborazione
Ossia il dovere reciproco alla collaborazione rappresenta il dovere di contribuire al cosiddetto ménage familiare, a tutto quello che serve per lo svolgimento organizzativo della vita della famiglia e nell’interesse della stessa.
Con esso si tende a sottolineare, da un lato, che la gestione della famiglia deve essere il frutto di consultazione e dialogo continuo tra i coniugi; dall’altro, che questi devono essere pronti a sacrificare i propri interessi individuali per quelli della famiglia. Entrambi i coniugi vi sono tenuti in considerazione delle loro sostanze e della loro capacità di lavoro professionale e casalingo.

> Obbligo di coabitazione
Il presupposto è il fatto che i coniugi abbiano fissato, di comune accordo, la residenza della famiglia, dove entrambi sono tenuti a convivere.
Se l’interruzione della convivenza deriva da giusta causa, vale a dire tutte le volte in cui la coabitazione sia diventata intollerabile, essa non costituisce violazione dei doveri coniugali.

L’abbandono ingiustificato, invece, comporta la possibilità di addebito (in caso di separazione) a carico del coniuge che si è allontanato: da precisare è che la proposizione della domanda di separazione o di annullamento del matrimonio costituisce giusta causa di allontanamento dalla residenza.

> Obbligo di contribuzione economica
Il principio di uguaglianza dei coniugi si esprime anche sul piano dei rapporti patrimoniali con l’affermazione che i coniugi sono tenuti in base alle proprie sostanze e alla capacità di lavoro a contribuire ai bisogni della famiglia. Allo stesso modo, ciascun coniuge deve adempiere all’obbligo di mantenere, istruire ed educare i figli, secondo la capacità di lavoro professionale o casalingo.

Questo significa che, da un lato, entrambi i coniugi devono attivarsi per porre a frutto la loro capacità di lavoro (l’inerzia costituisce inadempimento degli obblighi che derivano dal matrimonio) e, dall’altro, l’attività casalinga, anche se non produce reddito, costituisce un modo per contribuire al soddisfacimento dei bisogni della famiglia.
Nel caso in cui uno dei coniugi non contribuisca in maniera adeguata al soddisfacimento dei bisogni familiari, il tribunale può decidere che una quota dei redditi del coniuge inadempiente sia versata all’altro coniuge. 

Francesca e Giuseppe Morgante
Avvocati